giovedì 20 maggio 2010

Le più belle partite dei Mondiali: 1970

Italia-Germania Ovest 4-3



“Il vero calcio rientra nell'epica... la corsa, i salti, i tiri, i voli della palla secondo geometria o labile o costante”. Inizia così Gianni Brera il suo pezzo di commento alla “partita del secolo”, regalo di un gol all'ultimo respiro del milanista di Germania dall'aria schiva Schnellinger. Senza la sua deviazione al 92' all'Azteca non si sarebbero giocati i supplementari, quei 30 minuti di corsa, salti, tiri, voli della palla a geometria variabile che hanno convinto i messicani a costruire un monumento all'Azteca per ricordare che davvero quella partita si era giocata, e si era giocata a quasi 3 mila metri di altezza, dove c'era da calcolare l'effetto della diminuita densità atmosferica, la fame di ossigeno, la diminuzione della velocità dell'aria in quota, che può influenzare la traiettoria di lancio di alcuni attrezzi. E l' effetto Magnus, ovvero l' effetto di slittamento delle molecole sulla superficie del pallone, che ruota in senso contromarcia o in senso a favore del moto.
“La memorabile partita” ricorda ancora Brera, “è stata avvincente sotto l'aspetto agonistico e spettacolare: si è conclusa bene per noi, e questo è il suo maggiore pregio, ai miei occhi disincantati. Sotto l' aspetto tecnico-tattico, è da ricordare con vero sgomento. Sia gli italiani sia i tedeschi hanno fatto l'impossibile per perderla. Vi sono riusciti i tedeschi” che definisce “tonti: ecco perché li abbiamo quasi sempre battuti. Nel calcio vale anche l' astuzia tattica non solo la truculenza, l' impegno, il fondo atletico e la bravura tecnica”.
L'Italia, definita da un giornalista belga una “cassa di risparmio”, è arrivata alla semifinale dopo un girone in cui ha segnato solo un gol, contro la Svezia, con una grossa collaborazione del portiere scandinavo su un tiro dalla distanza di Domenghini. Poi i due 0-0 con Uruguay e Israele e il netto successo contro il Messico nella fase a eliminazione diretta.
Nell'Italia ci sono divisioni, screzi, rivalità, gelosie. lI dottor Mandelli minimizza un incidente clamoroso. Rivera, che prima dei mondiali avrebbe minacciato di andarsene e sarebbe stato convinto a ritirare i suoi propositi bellicosi da Nereo Rocco, si è abbandonato a un violento sfogo nei confronti del tecnico Valcareggi. Lo spogliatoio, come tutta l'Italia, terra di fazioni e divisioni, di opposti estremismi e parallele convergenze, si divide tra pro-Rivera e pro-Mazzola: i difensori vorrebbero in campo l'interista, che corre di più e fa correre meno rischi, gli attaccanti Riva e Boninsegna si intendono meglio con il milanista.
Per la semifinale, Valcareggi sceglie di far partire gli stessi che hanno battuto 4-1 il Messico: Albertosi, Burgnich, Facchetti; Bertini, Rosato,Cera, Domenghini, Mazzola, Boninsegna, De Sisti, Riva.

I tedeschi hanno nelle gambe i tempi supplementari con gli inglesi. La partita inizia con i tedeschi all'attacco e l'Italia a difendersi con foga, anche eccessiva, ma l'arbitro giapponese Yamasaki è di manica larga.
Al 7' Boninsegna scambia con Riva, che forse restituisce palla forse semplicemente la stoppa male sul contrasto con Berti Vogts. A Bonimba torna un pallone sporco, ma il sinistro da 20 metri è pulitissimo e vincente. Italia 1 – Germania Ovest 0.
La Mannschaft sfodera grinta e potenza. I tedeschi giocano con tre punte e mezzo: le ali più la coppia gol Muller-Seeler. Il primo conclude una volta, e una seconda non arriva sulla verticalizzazione di Beckembauer, fermato al 17' da Facchetti in area: il rigore sarebbe stato forse fiscale ma non del tutto ingiustificabile. Il secondo rifinisce ma non tira. Così il forcing tedesco si traduce solo in due tiri di Grabowski: sventano Rosato e Albertosi.
Nella prima mezz'ora la Germania controlla il gioco, ma in difesa l'Italia tiene. Le minacce maggiori della Mannschaft arrivano da Uwe Seeler, l'attaccante 34enne dell'Amburgo, al suo quarto mondiale, che riesce a mettere la testa praticamente su ogni calcio piazzato in zona d'attacco dei suoi. Gradualmente entra in partita anche Muller, che però non riesce a controllare il cross dell'onnipresente Overath: Albertosi esce bene e salva. Si ripete anche al 31' sulla girata dai venti metri dello stesso centravanti.
Nel finale Riva ha un paio di mezze occasioni, ma al 40' spreca di testa e al 42' gira male, Maier salva in angolo.
Mazzola e Boninsegna prima della partita erano stati avvertiti che uno di loro sarebbe stato sostituito da Rivera. Ma come togliere l'autore del gol del vantaggio? Dunque fuori Mazzola, probabilmente il migliore in campo nel primo tempo.
La pressione tedesca cresce, la Mannschaft alza il baricentro ma dietro rischia. Riva al 5' e Rivera al 12' possono battere a rete, ma non sfruttano a dovere, Maier para senza troppi problemi. Valcareggi chiede gli straordinari a Domenghini, che deve marcare Beckenbauer. Ma presto Schoen spariglia le carte. Dentro prima Libuda, spostato a destra sulla rotta di Facchetti, poi Held per Patzke. Il Kaiser filtra per Seeler, che perde il duello ravvicinato con Albertosi, che si ripete al 60' su Grabowski. Al 67' Beckenbauer ha spazio, scatta ma va a terra dopo la spallata di Cera. I tedeschi vogliono il rigore, per Yamasaki il fallo c'è stato, ma fuori area. Il Kaiser resta a terra, ha una spalla dislocata. Ma la Germania ha già completato le due sostituzioni: deve restare in campo, con una spalla fasciata e immobilizzata.
Al 69' tutta l'Italia trattiene il fiato. Retropassaggio debole di Bertini, Muller anticipa Albertosi e appoggia per Grabowski, tocco per Overath, tiro e traversa. L'Italia torna a respirare.
La partita diventa un assedio tedesco. Seeler fa a sportellate con Bertini (perdonato per un fallo che sarebbe potuto essere da rigore), Held gira al volo ma Rosato salva sulla linea. Muller e Seeler sprecano un paio di chance in successione. A centrocampo l'Italia affonda; Domenghini non ne ha più e a Rivera non si può chiedere di trasformarsi in un mezzofondista. Gli attaccanti tornano poco, mentre la Germania attacca con Libuda, Seeler, Muller, Held e Grabowski, più Overath e Beckenbauer se serve. Gli azzurri sono alle corde, apparentemente senza energie nemmeno per il contropiede. I minuti passano, la Germania schiuma rabbia e fa saltare ogni schema e strategia. Al minuto 92 e 30 secondi, Grabowski centra dalla sinistra, a centro area c'è il più improbabile dei bomber, Schnellinger, “der Italiener”, il terzino del Milan che con una zampata da centravanti consumato porta la Germania ai supplementari. Senza di lui, senza l'unico gol in nazionale dell'antidivo che ancora adesso vive e lavora a Milano con la famiglia, Italia-Germania non sarebbe mai diventata la Partita del Secolo.
I supplementari ci cadono addosso e rinvigoriscono la Germania. Rosato, battagliando con Muller, si fa male ed entra Poletti. Dopo 4' c'è proprio Poletti sulla traiettoria del cross da destra di Held che Seeler rifinisce. Poletti dovrebbe spazzare ma non lo fa, chiama all'uscita Albertosi ma i due non si conoscono e non si capiscono. Muller si mette in mezzo, arriva prima e la fa scivolare sotto il corpo del portiere della Fiorentina. In cinque minuti è cambiato tutto.
Ma le pagine di questa storia sono ancora tante. Schoen continua a giocare col WM, non sfrutta le difficoltà in copertura di Rivera, e paga dazio. Vogts commette fallo su Riva. Punizione di Rivera che cerca una sponda di testa, ma trova solo Held che però libera male, sui piedi di Burgnich. Il difensore dell'Inter risponde al terzino del Milan: 2-2.
I tedeschi, nonostante una partita che ne ha drenato ogni energia, continuano ad attaccare in massa. Ma coprire gli spazi diventa sempre più difficile, ed essere bucati in contropiede diventa un'alternativa non più lontana e teorica. L'astuzia tattica prevale sul podismo. E' il 14' del primo tempo supplentare. Domenghini a sinistra dà scacco e Bergheim e crossa basso, Riva controlla con l'esterno sinistro, scarta Vogts e finge una deviazione verso la bandierina. Poi, improvvisa, arriva la torsione di collo: il diagonale è strepitoso e letale. La Germania morde il manubrio: è sotto di nuovo, ma come da buona tradizione teutonica si piega ma non si abbatte.
E' sempre Seeler a suonare la carica, e tutti lo seguono trovando energie e motivazioni inattese. La Germania torna sotto, e beneficia di un calcio d'angolo dalla destra. Batte Libuda, Albertosi mette Rivera a guardia del palo vicino. Seeler stacca a sinistra e rimette in mezzo, Muller gira da posizione apparentemente impossibile. Ne esce una traiettoria velenosa, senza peso. Albertosi urla “tua!” a Rivera, che però sembra quasi si scansi. E' il 3-3, a 10' dalla fine. Albertosi si avventa su Rivera, se potesse sembra lo strozzerebbe. Rivera sa che ha solo un modo per farsi perdonare, e lo dice al portiere: non mi resta che andare a segnare.
Pronti-via e Boninsegna duella con Schultz, che però è cotto e lo lascia passare. Sul cross basso all'indietro non ci sono quasi tedeschi, e quei pochi marcano Riva. Ma la palla finisce a Rivera.
“Rivera...rete! Rivera! 4 a 3! 4 a 3... gol di Rivera! Che meravigliosa partita, ascoltatori italiani! Non ringrazieremo mai abbastanza i nostri giocatori per queste emozioni che ci offrono. Guardate Rivera...la finta che sbilancia Maier”. La voce di Nando Martellini riempie le notti insonni dei tifosi. Adesso la Germania è battuta davvero. Rivera ha scritto la parola fine su una partita tuttora ricordata da una targa fuori dello stadio Azteca.
In finale più del Brasile e di Pelè potè il complesso di appagamento che vanifica il sogno, regala la Coppa Rimet ai verdeoro e rovina l'accoglienza degli azzurri al ritorno dal Messico. Il tifo, purtroppo, ha la memoria corta. Non la storia, per fortuna.

1 commento:

  1. La storia della targa fuori allo stadio Azteca è purtroppo solo una favoletta, suffragata da molti e certamente affascinante, ma rimane una favoletta. Non c'è alcuna targa sullo stadio Azteca che riguardi quella partita, chiedi a chiunque sia stato lì.

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